martedì 9 ottobre 2018

Delle tante forme di autismo...e quella che è toccata a me.



Tra le tante maledizioni che mi potevano toccare in sorte, nostro signore Gesù me ne ha riservata una che mi provoca molto disagio: mi ricordo i compleanni di gente uscita dalla mia vita nel Paleozoico. Quindi arriva il giorno x ed io la mattina invece di dedicare i miei pensieri al transito intestinale, penso toh oggi è il compleanno di tal dei tali…
Oggi, 9 Ottobre, è il compleanno di uno storicissimo ex.
Non gli porto alcun rancore, è stata una storia lunga e tenerella, tuttavia non posso fargli gli auguri perché mi ha rimosso da FB anni fa, non ho il suo numero attuale e forse avrei la mail, ma tutto sommato non ho questo prurito esagerato di fargli gli auguri.
Però ‘sto fatto di essere stata bannata dalla sua esistenza mi ha dato da pensare stamattina…
La Storia infatti racconta che mi lasciò lui l’ultima volta, quella definitiva.
La Storia racconta pure che mi lasciò per un’altra.
La Storia racconta pure che sparì dalla circolazione ed una delle ultime volte in cui lo sentii mi disse che si era sentito molto sollevato alla notizia che mi ero accasata nuovamente (e perché certo, nei miei progetti di vita c’era che avrei continuato a stare da sola a pensa’ a te).
L’apice di questo racconto si raggiunge però nell’anno 2012.
Nei giorni vicino a Natale costui mi manda un poke su FB (cioè, un POKE) e mi chiede di vederci.
Facendola breve, in prossimità del Santo Natale, qualcosa o qualcuno l’aveva spinto a ricontattare TUTTE le sue ex, incontrarle e fare una sorta di lavaggio di coscienza karmico.
Dunque ci incontrammo. A me toccò le seguente rivelazione: mentre stavo con te ti ho messo le corna due volte, gli amici miei lo sapevano e quando l’amico mio più psicopatico di tutti ti scrisse cornuta sul vetro della mia macchina era perché effettivamente lo eri.
Il Karma è stato particolarmente generoso con lui perché in quel famoso Natale 2012 io stavo talmente di merda per altro che manco mi è scattata la reazione più naturale del mondo: dargli una zampata sul culo fino a farlo arrivare a Toronto.
Reagii bene, gli dissi: che stronzino birichino sei stato, buon natale comunque, tante care cose a casa!
In conclusione mi domando e dico:
  ü  questo mi ha tradita
  ü   lasciata
  ü  bannata (come se la stronza fossi io!!!)
e dopo tutto questo ancora che il 9 ottobre gli dedico un pensiero!
Questo post pertanto è dedicato a tutte quelle come me: non importa quanto la vita o le persone ti possano asfaltare... l’autismo per le date di nascita ti porterà a ricordare costoro per sempre.


mercoledì 17 dicembre 2014

Canto (stonato, stonatissimo) di Natale.

C’era una volta un paesello piccolo piccolo nel centro di Roma, al quinto piano di un palazzo vicino a Via Veneto.
Il paesello era popolato da soggetti di diversa natura, orchi, megere, goblins e chi più ne ha più ne metta e nonostante il diverso grado di follia e asocialità, l’equilibrio nel paesello più o meno si reggeva.
Un giorno di Settembre arrivò nel paesello un nuovo personaggio, la piccola Sgualdry.
Costei era una ragazzetta di 25 anni, alta un metro e dieci, ma con il nasino all’insù, lo sguardo impertinente e due tette esagerate.
Nonostante le megere presenti nel paesello fossero infinite volte più belle, intelligenti, raffinate della piccola Sgualdry, si sa che la novità ha più appeal della routine, per cui si assistette ad un aumento del grado di scimunimento della popolazione maschile del paesello.
La megera più cattiva di tutte, Asma, trovava la presenza di Sgualdry intollerabile, perché non ne sopportava l’impertinenza, le arie da smorfiosa, ma soprattutto l’approccio con il sesso opposto che inevitabilmente passava per un canale univoco: il flirt sessuale.
Dopo i primi giorni di rivoluzione, la povera Asma e le amiche megere, scelsero  la via dell’indifferenza e tutto per qualche mese si risolse in uno stato di tregua armata.
Giunse Dicembre e con lui  l’attesa del Santo Natale.
Sgualdry, accettata nel paesello solo per svolgere un compito di qualche mese, si apprestava a terminare la sua esperienza al quinto piano, di quel palazzo, proprio dietro a Via Veneto.
Il Capo di Sgualdry, si aggirava per le vie del paesello, narrando ai passanti: Sapete, Sgualdry il prossimo venerdì ci lascia, ahimè ahimè.
Accadde però un fatto.
La settimana precedente al commiato di Sgualdry, si svolse l’annuale festino natalizio nel paesello.
Tra fiumi di alcol, cibo scadente e gente molto rilassata, accadde il miracolo. Il miracolo di Natale.
La piccola Sgualdry, fasciata di fintapelle e truccata da drag queen, con mossa atletica si è lanciata sul Grande Capo nel bel mezzo dei baccanali.
Incurante del paesello che guardava, incurante dei giudizi, incurante della morale.
Quella notte la piccola Sgualdry si è adoperata alla causa. E a quanto pare si è adoperata bene, poiché MIRACOLO!!!! Contratto rinnovato, gente meritevole perculata e la dignità della donna moderna che si va a fare un viaggetto nello scarico del cesso.


PS: ‘ste cose manco negli anni ’50.

mercoledì 5 novembre 2014

All I (don't) want for Christmas is Christmas.

Mi sembra ormai improcrastinabile un mio intervento duro e severo su una tematica molto molto ma davvero molto importante.
È d’uopo ricordare ai più che le celebrazioni natalizie sono tollerate nel periodo ad esse consacrate, ovvero: dall’8 Dicembre, data in cui vi montate a casa alberello, presepio e decorazioni di dubbio gusto (si annoverano renne, babbi natale finti che si arrampicano sui balconi e che mi fanno sempre prendere un colpo perché sembrano ladri in azione, lucine colorate a intermittenza che fanno venire l’epilessia, vischio importato dall’Ammeriga per avere la scusa di pomiciare ogni tre per due) al 26 Dicembre, giorno in cui vi spanzate sul divano dopo aver ingurgitato tutto quello che non vi siete mangiati il resto dell'anno.
Ecco, ripeto, 8 dicembre-26 dicembre.
Fatevi un conto, sono ben 20 giorni in cui potete sfogare tutto il vostro amore verso questa festività, essere più buoni, spendere soldi in regali brutti, cantare All I want for Christmas is you e Last Chrismas e So this is Christmas,  andare in giro con le corna di renna in testa, addobbarvi con i festoni dell'albero, guardare Briggetgions, mettervi i maglioni rossi con le palle di neve bianche, spararvi in vena i pandori ripieni di crema e Nutella.
Oh, so' tanti 20 giorni.
Ed in questi giorni, chi come me, detesta il Natale se deve sta' zitto, 
Ma nel resto del tempo, fate il favore, state zitti voi.
Inaccettabili i panettoni al supermercato da Ottobre quando ancora andiamo in giro con le maniche corte, inaccettabile la pubblicità sui siti di e-commerce con il continuo invito a fare i regali di Natale già due mesi prima, inaccettabili le ricette natalizie in vista del menù da servire al cenone.
Oh, avete rotto.
Si deve capire che il Natale non è una roba che piace universalmente come i cuccioli di Labrador.
Il Natale a certa gente fa schifo.
Odiare il Natale comporta già affrontare 20 giorni difficili e complicati. Aggiungere il caricone da 11 iniziando a rompere le palle con il Natale due mesi prima è abuso pissicologico ed io non ci sto.
Mi ribello. 
Vi picchio.

Poi se al terrorismo natalizio aggiungete la domanda: Che fai a Capodanno?
Giuro, vi attacco al muro e gioco a freccette con le vostre fronti.

Ciao.

lunedì 13 ottobre 2014

Giannimorandi.

Come un altro milioncino di persone ho messo il like sulla pagina FB di Gianni Morandi.
Non sono fan delle sue canzoni, mi fa schifo il suo modo di cantare così retrò, mi fa schifo la sua voce, se guardo le sue manone mi impressiono.
Eppure…
Eppure ho messo like. Ecco perché:
-          Il vero nome di Giannimorandi, è Gian Luigi. Vi dico, leggere i suoi post, pensando che sono stati pubblicati da Gian Luigi Morandi mi fa riderissimo.

-          Giannimorandi fa la vita che tutti noi vorremo. Ammettiamolo. Questo vive in una bellissima casa in campagna, va a correre, magna frutta e verdura presa dal contadino, va in vacanza spessissimo, ha la moglie ancora trombabile, quando gli va prende la chitarra e canta una canzone.
Addirittura ha un figlio che a 18 anni suonati non lo manda a fanculo come tutti gli adolescenti del mondo, ma va persino in vacanza con lui.
O è tutta una gigante pantomima e in realtà con quelle manone picchia moglie, figlio adolescente e contadino che gli vende la frutta, o davvero Giannimorandi si è costruito la piccola oasi di pace che tutti noi vorremmo.

-          Il gergo di Giannimorandi mi fa impazzire. Mi piace quando scrive autoscatto e non selfie, mi piace quando scrive clippino ogni volta che posta un video, mi piace il fatto che la sua grammatica sia sempre precisa e puntuale, nonostante come Wikipedia ci insegna, sia figlio di un ciabattino e a scuola praticamente non c’è andato.

-          Giannimorandi ha 70 anni. Oh, 7+0. Ma grazie al parrucchiere che gli fa la tinta e il dentista che gli ha fatto i denti, sembra un pischello. Ha un bellissimo castano mogano che mi farò anch’io quando sarò vecchia. Andrò dal parrucchiere e dirò: parrucchiere, fammi i capelli come Giannimorandi, il castano mogano di Giannimorandi.

-          Giannimorandi ha una dote secondo me encomiabile: il garbo.
In un mondo in cui il vaffanculo è sempre dietro l’angolo, egli agisce con un irriducibile garbo alle prese in giro più stupide, non cede alla voglia di mandare a quel paese, resiste impavido.
O si droga, o è furbo, o ha la capacità di fare la gente fessa e contenta.
Negli ultimi due casi lo invidio tantissimo.

-          Ultima ragione: ho mentito. Non è vero che non sono fan di TUTTE le sue canzone. Di una sono una grande estimatrice: “ In amore”, Sanremo 1995, Giannimorandi e Barbara Cola.
Un capolavoro del genere patetico e amoreccio. Battuta  solo dalla coppia Baldi/Alotta con Non amarmi.
Ogni volta che la sento torno la cessa che ero a 12 anni e canto con occhi sognanti:


Dimmi dove (quando)
Quando (dove)
Caro cuore, io non vedo che te

Ti sto raggiungendo (dove)
Fino al cuore (quando)
Ora

Ti supererò,
In amore andrò
Oltre la parola amore
E non torno più


Che pena.

venerdì 10 ottobre 2014

Lo zen e l’arte del non filarsi di striscio le zoccolette (se sapete come si fa, insegnatemelo).

Come starnazzato in più contesti, ultimamente ho intrapreso una guerra immaginaria con una ragazzetta che da qualche tempo ha avuto la sfortuna di incrociare il mio cammino.
Certamente non è la prima gatta morta di cui ho l’onore di fare la conoscenza, ma questa ha qualcosa in più che mi fa uscire letteralmente di capa e vorrei capire cos’è.
Dunque, analizzando razionalmente e freddamente la questione, la prima cosa che mi indispone è la sua totale inadeguatezza nel vestirsi. Sembra voler deliberatamente ignorare il fatto di trovarsi in un contesto lavorativo, con clienti che spesso e volentieri vengono a farsi due chiacchiere ed il fatto che le chiacchiere non se le facciano con lei non è una giustificazione a vestirsi ad capocchiam.
La ragazzina è generosamente dotata dove occorre, e strizzata com’è nei vestiti che porta la cosa non passa inosservata. Non è però solo un problema di strizzamento carni…
Le sue mise mi sembrano più adatte per andare a farsi un bagno a Ostia, le canne sui prati, un concerto in piazza. Madre Santissima di Dio sembro mia nonna bacchettona in carriola quando scrivo queste cose, ma che devo fare, se ci si potesse vestire a cazzo di cane in ogni contesto allora sarebbe il mondo ideale, ma il mondo ideale non esiste, quindi ho ragione io e zitti tutti.
L’aspetto legato al vestiario però è solo la punta dell’iceberg.
Questa ragazzina mi indispone perché è una zoccoletta. Intendiamoci, magari è una fidanzata fedele e irreprensibile con una spiccata vocazione alla santità.
Quello che vedo io però è una Lolita. Ecco cos’è che mi manda ai matti: l’atteggiamento loliteggiante.
Qualsiasi uomo si trovi davanti, non importa se cesso a pedali, vecchio, giovane, lebbroso, con herpes genitale o meno, lei FLIRTA. È una cosa sottile, fatta di sguardi, sorrisi, battiti di ciglia.
Gli uomini in questi casi si rincoglioniscono a bestia e non capiscono più niente. Poi in questo caso il disorientamento aumenta perché c’è anche un ulteriore grado di difficoltà: guardarle gli occhi e non le tette.
Alle donne invece la modalità civetta non sfugge. MAI.
Io la guardo in azione e penso solo: ora la prendo e la frullo in Tagikistan.
Mi urta lei sommamente, ma mi urta pure la vittima di turno, il quale non può che essere rimirato dalla sottoscritta con lo sguardo che dice chiaramente: Ma quanto sei poraccio.
Non credo nemmeno che l’atteggiamento zoccoleggiante sia una cosa studiata, penso proprio che le venga naturalmente. Questo per me non rappresenta un’attenuante, mi da ugualmente fastidio. Mi da fastidio perché crea una tensione sessuale mica cazzi, perché innesca dinamiche pietose, perché rende patetici gli uomini che ci cadono, perché imbestialisce me che queste cose non le sopporto.
Ovviamente il commento più immediato a questo post sarà: sei invidiosa.
La risposta è no, non sono invidiosa.
Solo esprimo una preferenza: preferisco cioè quelle persone che si interfacciano con l’umanità non utilizzando il fattore sessuale come strumento di approccio, ma altro.
Punto.
Non vedo proprio la necessità di zoccoleggiare h24 e in maniera randomica. Davvero, non è necessario.
Ed è pure controproducente.
Per dirne una, l’altro giorno è venuta una a fare il colloquio in ufficio. Casualmente mi trovavo davanti alla porta e l’ho vista. Mi è cascata la mascella a terra.
1.80, super tacconi, minigonna, tribale sulla coscia, maglietta bianca strizzatissima, trucco e capelli da vamp, naso/labbra/tette rifatte.
Risultato: non solo ovviamente non è stata presa, ma chi le ha fatto il colloquio ha chiamato l’agenzia interinale per fare la seguente domanda: MA/CHI/CAZZO/AVETE/MANDATO.
Bruciato il lavoro, bruciata l’agenzia.
Ne vale la pena?

Io dico di no.

venerdì 5 settembre 2014

Giochiamo a Tetris?

Ho commesso un errore di valutazione.
In sostanza sono tornata dalle vacanze e non ho avuto l’accortezza di concedermi un periodo di transizione in cui sgarrare un po’, da tutti i punti di vista. Avrei dovuto cioè prendermi un po’ di tempo per dormire, per mangiare schifezze qua e là, per rilassarmi un attimo.
Invece ho ripreso la solita vita senza cesure e senza concessioni ed ora mi sento una chiavica.
Il solo ed unico Lucio cantava “Ma l’impresa eccezionale dammi retta è essere normale” e teneva ragione da pazzi.
La normalità di una donna è un’impresa eccezionale, lo vedo e me ne accorgo sempre di più. Siamo eroine, altroché.
Tutto inizia la mattina appena sveglie. Innanzitutto trovare la forza di lasciare il letto, poi alzarsi e lavorare duramente davanti allo specchio per coprire le occhiaie, rimpolpare le rughe con la crema e darsi una truccata per togliere quella strana patina (giallastra nel mio caso). Segue la vestizione, con un quarto d’ora perso a chiedersi cosa mettere o cosa non mettere, scegliere qualcosa e poi toglierselo perché fa il culone, infine indossare i soliti quattro stracci da ufficio. Poi c’è il quarto d’ora perso davanti alla scarpiera: quando trovi la forza metti i tacchi, accettando di aggiungere altra sofferenza alla giornata oltre alla dose abituale, altrimenti dici: ma andatevela a pijà in der ….  E metti le ballerine.
Segue giornata lavorativa di ore 9, durante la quale lo sforzo non è tanto quello di lavorare, ma di non mandare a fanculo colleghi, capi e clienti vari. Pausa pranzo in cui oltre a mangiare di merda, devi pure fare lo sforzo di fare conversazione con il collegame, quando invece vorresti solo silenzio catatonico, pasta al sugo e tv sintonizzata su Studio Aperto. O su Beautiful, che non vedo da quasi sei anni e non so più chi si tromba cosa, quando e perché.
Poi esci e si palesano le seguenti opzioni:
-          Spesa al volo, palestra a soffri’, preparazione della cena, lavaggio piatti,  interazione di coppia (varie ed eventuali)
-          Spesa, preparazione della cena, lavaggio piatti, interazione di coppia (varie ed eventuali)
Sembra facile, ma la palestra come la metti la metti è uno strazio. Stai lì a soffrire e a sudare, pensando solo: ma quanto so’ stronza.
La cena è un altro psicodramma, perché il manuale della vita sana e dei buoni propositi dice che:
no carne rossa, no fritti, no salumi, no formaggi, no pasta.
Resta tutto il resto,  resta la voglia di mangiare cose sane, cucinate però in maniera creativa e non ripetitiva, resta comunque la voglia di stupire chi sta a tavola con te.
Tutto ciò sommato = grandissime pippe mentali su cosa preparare per cena.
In codesto marasma, ogni tanto, non la fai un po’ di vita sociale? Non fai le pulizie di casa? Non ti fai un pochino bella, passando lo smalto, disboscando e facendoti i capelli?
Insomma, tutto questo per dire che questo gioco di incastri, che ricorda tanto il Tetris, è difficile e faticoso e mi lamento io che non ho figliame da tirare su, figuriamoci le donne che lavorano e crescono pure dei figli.
In conclusione sono un pochino stanca, però mi stimo perché non mollo e non ho intenzione di farlo.
E stimo tutte quelle che ci riescono meglio di me, ad essere amiche, figlie, fidanzate/mogli, lavoratrici,  con aspetto curato e forma fisica decorosa, isteria e lacrime free.

Questo post ordunque per dire: Amiche, vi stimo.

mercoledì 6 agosto 2014

Break up rule nr.1

Ho scoperto una cosa: non si usa più trascorrere un periodo di lutto alla fine di una storia d’amore.
Praticamente funziona così, appena si subodora che qualcosa nella relazione sta per andare a puttane, si cominciano a tirare i remi in barca e a guardarsi attorno.
Se poi attorno hai i sosia di Camilla Parker Bowles o di Renato Brunetta, uno sforzo per far funzionare le cose allora lo fai.
Ma metti caso trovi qualcuno che non ti fa vomitare, alt! Sei mirabilmente pronto a interrompere la relazione, ad essere integerrimo nella tua decisione di troncare e pronto a buttarti a capofitto nella braccia dell’altro/altra.
Questo succede perché stare da soli non è più un’opzione percorribile, perché è meglio accontentarsi piuttosto che restare con il culo per terra, perché tra i due membri della coppia che si sfascia non devi essere tu quello che finisce solo e disperato.
Comunque io dico che tutto ciò va benissimo ed è umanamente comprensibile.
Dico no, quando non si ha la minima sensibilità di osservare un minimo di discrezione nei confronti del proprio ex e si sbandiera a destra e a manca la nuova fiamma. Ecco, allora lì sei proprio uno stronzo/a.
Lasciarsi è una delle esperienze umane più strazianti. Non serve metterci pure il caricone da 11.
Dunque poi non ti lamentare se l’ex rimasto solo e derelitto poi ti fa stalking e ti fa il pianto greco al telefono un giorno sì e l’altro pure.
Anche perché ricorda: oggi a un altro, domani a te.