venerdì 30 maggio 2014

Idiosincrasie.

Ci dobbiamo volere bene, dobbiamo guardarci allo specchio e non farci cacare, dobbiamo trovarci moderatamente piacevoli, gentili e amabili.
Ma. Tutto ciò è sano buono e giusto quando incontra i limiti dell’obiettività. Appena si travalicano questi limiti si sfocia nella megalomania e nel delirio di onnipotenza, ed ecco allora che dobbiamo metterci in fila ed andare tutti dallo pissicologo.
Scusate, mi sto sfogando.
Il fatto è che non ne posso più.
Sono stanca.
Mi sono fondamentalmente rotta los cojones di:
-         Chiederti come stai e sentirmi un pippone di un’ora e mezza su tutte le tue disgrazie. A volte ad un come stai è sufficiente rispondere con un bene grazie, non è necessaria tutta la rava e la fava dei cazzi tuoi;
-          Di vedere dei cessoni a pedali non avere la benchè minima consapevolezza di esserlo ed atteggiarsi come se fossero Bar Rafaeli. Fai caca’, prendine atto e mettici una pezza dove puoi, ma finiscila di mentire a te stesso/a pensando di essere strafighissimo/a;
-     Di gente che pensa di saper fare tutto e di saperlo fare meglio degli altri. Esistono cose come la collaborazione, l’umiltà, ascoltare l’opinione degli altri, che fanno bene al cuoricino di tutti e non ledono il fegato;
-       Di gente che agisce come se quello che fa per vivere coincidesse necessariamente con quello che si è: sei una persona prima di essere architettissimo, ingegnerissimo o avvocatissimo. Quindi a volte mi piacerebbe parlare con la persona, non con il super professionista di questa -------;
-         Di gente che fa dell’ignoranza la propria bandiera.
Parli di un film, di un attore, di una canzone e ti rispondono con superiorità: non conosco, io non vedo la tv, non vado al cinema, non mi interessano queste cose.
Bravo coglione, vantati pure.
-      Di gente che da e poi rinfaccia. Che uno dovrebbe solo rispondergli: 1. ma chi te l’ha chiesto, 2. Ma dove l’hai imparata l’eleganza?
-      Della gente convinta di essere il dio del cabaret e fa battute a raffica di cui i due terzi non fanno nemmeno ridere, ma ti costringono a ridere lo stesso per cortesia, e poi ti fanno male le mascelle per lo sforzo innaturale quando in realtà  vorresti solo dire E STATTE ZITTO;
-        Dei paraculissimi, che quando c’è da fare le cose starnazzano come le oche del campidoglio il primo quarto d’ora per far vedere che ci sono, poi però si defilano, e ti lasciano con il cetriolo in mano. In mano per non dire altro;
-        Della gente che si sente troppo fica per trattare con educazione un cameriere al ristorante o il barista che ti fa il caffè.
Che se poi nel caffè ci scatarrano hanno ragione e fanno benissimo.

(è un momento un po’ così. Mi sa che si capisce vero?).

Ciao.

venerdì 23 maggio 2014

Parigi vs Roma. 1 a 0, palla al centro.

Come sbandierato a destra e a manca, di recente ho fatto una veloce capatina nella capitale franzosa.
Non era la mia prima volta, ma se in passato tornavo non sapendo decidermi se Parigi fosse superiore a Roma o meno, stavolta non c’è trippa per gatti: Parigi vs Roma = partita non disputabile perché Parigi gioca in serie A, Roma in serie C2.
Mi costa ammetterlo, ma siamo stati SURCLASSATI. Cioè, altro che la capata di Zidane a Materazzi….c’hanno fatto un culo così.
Non si parla ovviamente di bellezza architettonica o di patrimonio storico.
Qua si parla di ciò che rende una città vivibile e citizen friendly, si parla di questo:
# rete trasporti pubblici
Un’immagine vale più di mille parole:



Ahem….
Credo non serva didascalia sotto ogni immagine.
#Valorizzazione della periferia
Io in periferia ci abito. Meno periferia di altre, ma sempre periferia.
E mi rendo conto che la differenza tra periferia e zone più in a Roma si nota.
Invece a Parigi no. A Parigi in quartieri in teoria periferici, trovi comunque bellissimi palazzi, aree verdi a gogo, bei negozi, bei ristoranti, tanto che ti poni la domanda: ma siamo sicuri di essere in periferia?
A Parigi, in periferia, ho visto un parco meraviglioso con una cascata, un tempietto, una veduta panoramica dell’intera città, un ponte e distese sterminate di prati.
A Primavalle, se voglio andare al parco, posso andare qui:









Per dire, il giardino della vecchiaccia vicino casa è meglio.
# Assenza di traffico
Ultimamente mi rendo conto di autolimitarmi nel fare le cose.
Cioè evito di andare in certi posti in certi orari, perché so che rimarrei imbottigliata in un vortice di traffico e bestemmie (tipo: Trastevere il sabato sera).
Dai franzosi, non ho visto mezzo centimetro di traffico manco a pagarlo. E come potrebbero del resto con tangenziali a quattro corsie, larghe quanto l’A1?
# Fermento culturale.
In questo Roma, ci prova poverina, ma è tanto tanto difficile. Problema di spazio, di soldi, di mazzette, di tutto.
A Parigi tra mostre, concerti, festival non sapevi dove cazzarola guardare. Oh, in due giorni ho visto manifesti con robetta tipo Damon Albarn, Phoenix, Massive Attack, Rufus Wainwright, Eels e potrei scrivere altre sei ore. Per non parlare degli spazi espositivi dedicati a fotografia, pittura e arti figurative varie.
# Il fiume
Senna e Tevere. Come a dire: Luca Argentero e Bombolo.
Mi sono fatta due passi sul lungo Senna e per quanto rosicavo mi è presa una smania piromane.
Bar, spazi dedicati ai giochi per bambini, barconi su cui si tenevano lezioni di ballo, posti a sedere su lunghe panche di legno…
Sul lungo Tevere i sorci, le zanzare e le bancarelle e i chioschetti d’estate, che per prendere un cocktail devi prendere a gomitate chiunque, dopo una buona dose di bestemmie (vedi sopra per trovare parcheggio).
# La monnezza
Roma ultimamente sta vivendo un difficile momento per quanto riguarda il capitolo monnezza. Secchioni stracarichi, differenziata inesistente, rifiuti ingombranti sotto casa.
A Parigi… Beh non so dove se la mettono, ma vi dico: la monnezza a Parigi non esiste.
Che ci spiegassero come fanno, perché davvero la cosa resta un mistero.
Vabbè basta. Mi sento anche in colpa a parlare così della mia città, che amo tantissimo, davvero, ma ultimamente viverci è diventata una sfida.
Mi consolo continuando a pensare che se pure vivessi lì, poi avrei seri problemi di adattamento.
Non potrei vivere in un posto dove le ragazze sono troppo belle (tacci loro, lunghe come giraffe, inspiegabilmente secche nonostante la burrosissima e pannosissima cucina francese, stilose come poche). La concorrenza sarebbe iniqua.
Non potrei vivere in una città in cui la metro puzza di pipì. Dovunque. Perché poi non lo so, ma tant’è.
Non potrei vivere in una città in cui al bar ti servono una broda carissima e schifosissima che spacciano per caffè.
Infine, l’argomento definitivo, quello che vince su tutto: non potrei vivere in una città senza bidet.
Franzosi ci mangiate in testa, è vero. Ma il culo non ve lo lavate mai.
Ciao.





giovedì 15 maggio 2014

Fitness Forever.

Ieri sono entrata in una farmacia per comprare una crema viso bio.
Sono uscita con 130 euro di prodotti cosmetici vari, eccetto ovviamente la crema viso.
A prescindere dall’abilità con cui i commessi mi fanno fessa e mi vendono la qualunque tranne ciò di cui ho realmente bisogno, quello di cui vorrei parlare è la fase paranoica che sto attraversando ultimamente. E mica solo io.
Sto constatando che molti di noi, passati i 30, vengono illuminati sulla via di Damasco dal Dio Fitness.
Personalmente, ho passato l’adolescenza e tutti i miei venti a magna’ l’impossibile, senza vincoli se non uno, il buon gusto.
Fritti, carboidrati, hamburgers, con me, hanno fatto una brutta fine.
Non pesavo 120 chili solo perché a fasi alterne mi ricordavo di andare in palestra e di essere una donna, quindi a volte mi contenevo.
Ora però qualcosa è cambiato.
Sto considerando seriamente di diventare vegetariana, vedo una bistecca e mi immagino una mucca gonfiata di ormoni, mi metto il fondotinta e mi chiedo se ci sono dei parabeni dentro, compro una crema e verifico l’inci (che ancora non ho capito che cazzo significa, però verifico lo stesso).
Cerco di praticare sport, ma per quello ancora mi manca la costanza. Intorno a me, vedo gente macinare chilometri in bicicletta, correre come se non ci fosse un domani, nutrirsi di tofu, quinoa e seitan, ed io  mi sto lasciando travolgere da questa febbre salutista, anche se decisamente, non è da me.
Siete tutti più magri, più belli, più giovani.
Vi ricordavo con confortanti rotoli di grasso appollaiati sulla panza, il doppio mento, il bicchiere di whisky e cola in mano.
Vi ritrovo secchi e tirati, i visi scolpiti, in mano il bicchiere di centrifugato di sedano. Sull’aifon tenete tutte le ultime app a tema fitness, compresa quella che vi dice quando quanto e perché bevete acqua, come se andare in bagno 150 volte non fosse un indicatore sufficiente.
Un po’ vi odio, un po’ vorrei essere come voi.
Quello che ancora non mi è chiaro e se siete pure più felici.
Sicuramente siete più fighi e l’ego ne beneficia, però quello che mi chiedo, non siete stressati?
Io già ora che mangio tutto, faccio una fatica enorme a capire che devo cucinare la sera. Figuriamoci se davvero mi decidessi ad eliminare la carne…
E non è solo questo. Si tratta anche di evitare i fritti, preferire carboidrati integrali, mangiare più frutta e verdura, cancellare dalla mente concetti come mortazza, corallina e prosciutto di Parma.
Se dovessi dare retta a tutti gli input salutisti ricevuti ultimamente la mia vita sarebbe la seguente:
alzarmi la mattina e passare un’oretta al cesso mettendomi in faccia il gel rigenerante per risvegliare la pelle, la crema antirughe e antismog, la protezione solare (il cosmetologo della farmacia ieri mi ha chiesto serio quanto tempo passavo alla luce del sole per capire quanto era il mio rischio di contrarre melanomi :O), truccarmi con prodotti bio, fare colazione con cereali integrali, frutta e latte di soia ed infine uscire.
Lavorare giusto per pagarmi tutti i prodotti supercostosi che il mio nuovo stile di vita mi impone, pranzare con criterio, a fine lavoro recarmi in palestra e trovare la forza di allenarmi con dovizia.
Infine cena, con gli stessi crismi del pranzo.
E la spesa? Mica puoi andare al supermercato pidocchioso sotto casa. Devi fornirti al vegan shop de sta ciola, per spendere 20 euro e uscire con il pacchetto da 200 gr di semi e germogli.
Mentre scrivo mi rendo conto di diventare sempre più polemica e stizzosa.
Mi sa che mi rode così il culo solo a scriverle certe cose, forse e dico forse, non sono pronta ad abbracciare questo nuovo stile di vita.
Mi sa pure che a pranzo ordino la carbonara.
Ciao.


mercoledì 7 maggio 2014

Pornografia sentimentale.

Rimpiango un po’ i tempi in cui i social network non esistevano e le cose belle si vivevano per sé stessi e non in funzione della pubblicazione di un post, di una foto, di un tweet etc…etc...etc...
Attenzione, non condanno il fenomeno in toto, perché occasionalmente fa piacere anche a me condividere una foto di coppia su feisbucco, un momento personale importante, roba cheek to cheek.
Però ho detto OCCASIONALMENTE.
Mi turba invece quando ho la sensazione che ogni gesto sia funzionale alla condivisione su un social. A quel punto non è più nemmeno condivisione, è pornografia, pornografia sentimentale.
Oh ci stanno certi profili feisbuk che sembrano fotoromanzi sudamericani degli anni ’80, da far impallidire tutta la produzione del genere di Grecia Colmenares.
Foto di baci hollywoodiani, cuoricini a go a go, filtri Instagram usati come se non ci fosse un domani per rendere bello ciò che normalmente è abbastanza un cesso, dichiarazioni d’amore eterno che diventano status, love hashtags, dediche musicali tramite youtube…insomma: c’avete scassat ‘o cazz.
Questa gente secondo me non si rende conto che a furia di postare, condividere, pubblicare, rischia di perdere l’intimità di certi momenti, che sono preziosi proprio perché vissuti in due.
E poi, tutto il tempo che perdete per fare la foto perfetta, perfettamente filtrata del bacio perfetto, se lo impiegaste per un po’ di sana ginnastica orizzontale, no?
Tempo fa girava in rete questo divertente ed esemplificativo video:
Nella realtà è tutto molto più squallido e triste.
Nella realtà lui e lei non sono così belli, non litigano neanche, stanno per lo più in silenzio, non condividono nulla tra di loro, perché troppo impegnati a condividere altrove e a vivere il copione della love story da manuale.
Pare che non ci si ami più se non si fanno foto al mare con il sole che cala al tramonto, se non ci si tagga in coppia in ogni luogo dell’universo, escluso il cesso che è poco romantico, se uno status ogni due non contiene <3/#love#forever/destinazioni di viaggio che includano l’infinito e oltre.
Ma lo penso solo io che l’amore è anche altro?
L’alito cimiteriale la mattina appena svegli, facce struccate e borse sotto agli occhi, il turpiloquio e le risse sfiorate da Ikea, le liti per il monopolio del bagno, l’abbrutimento sul divano la domenica sera…ne potrei dire altre cento.
Adoro il fatto che amarsi significhi anche vedersi nelle reciproche imperfezioni e decidere comunque di stare insieme giorno dopo giorno.
Per questo mi fa incazzare che alla fine dei conti, se proprio vuoi fare della pornografia sentimentale, mi spacci solo la parte cool del vivere di coppia, mentre tutto il resto è latitante. L’immagine che mi vendi è ipocrita, falsa e mistificatoria, ed io non ci casco.
Senza stare a pontificare oltre io dico solo questo: certe cose tenetevele per voi.
Saranno solo vostre, saranno esclusive, saranno speciali. E soprattutto non correranno il rischio di diventare argomento di conversazione spicciolo, di essere travisate o sminuite dal primo fesso per strada.
Poi, come sempre, fate come ve pare.
Ciao.