martedì 22 aprile 2014

La sindrome della geisha.

Alla faccia del femminismo, della parità tra uomo e donna, delle suffragette, ho scoperto di essere afflitta da una grave ed ostica malattia: LA SINDROME DELLA GEISHA.
Non sono nata tra i monti della Sila, ho studiato, lavoro, vivo nel 2014 eppure rientro a pieno nella casistica delle donne che soffrono di questa tremenda sindrome, e la colpa è tutta di mia madre, già lo so.
Insomma, io faccio gli stessi orari lavorativi del mio uomo, arriviamo a casa più o meno rincoglioniti allo stesso livello eppure io non gli permetto di muovere un dito per le faccende domestiche, tranne rarissime eccezioni.
Non è lui, badate bene, che non vuole collaborare, sono io che mi metto di punta e insisto per passare l’aspirapolvere, lavare a terra, lavare i piatti 6 sere su sette, spolverare, cucinare (oh cucinare davvero, mica la pasta al burro) etc etc etc…
A  volte rasentiamo il litigio, ma è più forte di me, lo devo fare io.
E lo sapete perché? Perché per colpa di questa maledetta sindrome della geisha io latentemente rifiuto il concetto che il mio uomo (attenzione, non l’uomo in generale, ma il mio uomo) faccia lavori cosiddetti “muliebri”.
(mentre scrivo queste ultime parole mi vergogno come un cane e mi aspetto da un momento all’altro che le femministe degli anni ’70 mi piombino addosso per picchiarmi come merito).
E la sindrome mica finisce qua.
Chi mi conosce sa che mangio come i camionisti all’Autogrill, mangio tanto, volentieri e di gusto.
Ucciderei chiunque mi sottraesse il cibo di bocca.
Ma quando si tratta di servire la cena a tavola, non si sa come, a lui servo una porzione da bufalo, a me quella della principessina inappetente.
E la cosa bella è che sono pure contenta di farlo. Tutto ciò è solo imputabile al mio modello familiare, altrimenti non si spiega come al solo vederlo con una pezza in mano, l’immagine e l’idea che ne traggo è quella della svirilizzazione del suo essere uomo.
Razionalmente mi ribello a tutto questo. Insomma lo so che siamo alla pari, che il nostro tempo libero ha uguale valore, che i compiti domestici dovrebbero essere equamente distribuiti, però ad un certo punto prende il sopravvento questa cazzo di geisha che DEVE pulire, rassettare, servire pranzo e cena a più portate e farlo sentire il re incontrastato di casa.
Probabilmente se lui invece di essere così disponibile e collaborativo, mi imponesse le cose che faccio per lui di mia sponte, la ramazza invece di usarla per pulire a terra, la userei per fargli dei bozzi decorativi in fronte.
Geisha sì, cogliona no.
Quindi finché questo moto altruista viene da me, e da me soltanto, allora è qualcosa con cui posso convivere tranquillamente.
Ma se stessi con un villico ignorante che desse per scontato che l’addetta a pulizie/pasti/sollazzi fossi io, allora la geisha se ne tornerebbe in Giappone e la sottoscritta diventerebbe la paladina del femminismo contemporaneo.

Quindi per ora continuo così senza troppi rimorsi di coscienza femminista, magari però la prossima volta la bistecca me la cucina lui, e mi serve pure quella più grossa. Magari. Forse. Chissà.

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